13/09/10

Alchimia e Salute di Giorgio Sangiorgio. I parte

L’alchimia è una via spirituale di conoscenza che nella cultura attuale è male interpretata, perché considerata una chimica grossolana del passato che s'illudeva di trasformare il piombo in oro, oppure un residuo di antiquate conoscenze scientifiche, mescolate a superstizioni magiche. Essa invece è stata una dei valori portanti della civiltà occidentale fino a tutto il Seicento, ha dato un contributo determinante allo sviluppo della medicina e alla scoperta dei prodotti farmaceutici e tuttora può essere di aiuto per chi ricerca uno stile di vita che tuteli la salute psicofisica. Molte volte si pone l’accento sull’aggettivo spirituale, per distinguere l’alchimia da tempo prevalente in ambito esoterico o psicoanalitico, detta interiore o mentale, dall’alchimia metallurgica, detta esteriore o materiale, che ha utilizzato nei secoli passati un gergo chimico molto complicato ed operazioni di laboratorio ormai desuete o praticate da pochi. Tuttavia la distinzione tra alchimia spirituale e alchimia materiale, se è appropriata per quanto riguarda il linguaggio e i metodi utilizzati, trae in inganno per quanto riguarda la finalità. Difatti entrambe concepiscono l’opera alchemica come studio e lavorazione della materia - all'interno della sua struttura profonda e invisibile - allo scopo di separarne le parti sottili dalle spesse, di distillarne le parti mobili o volatili dalle fisse, potenziandone poi l'essenza che rigenera e risana, neutralizzandone le scorie che invece corrompono ed ammalano.

Questo lavoro può essere indirizzato verso una chimica ed una fisica capaci di estrarre dalla natura i suoi principi vitali, ma anche e soprattutto verso la trasformazione dello stesso l’alchimista, che attraverso la sperimentazione di tutte proprie funzioni e potenzialità, può distillare dal corpo lo spirito imprigionato nella carne - la sua energia intelligente - per poi rinnovare o rettificare col potere dello spirito depurato lo stesso corpo.

L’alchimia è ricerca sperimentale sui segreti di un universo considerato unitario e vivente, organico, di cui l'uomo è parte integrante fondamentale, ma sconfina nella metafisica e da risposte attendibile a domande che l'uomo da sempre si pone sul senso della vita. Attraverso una lunga serie di operazioni essa dovrebbe portare all'integrazione

di corpo, anima e spirito e alla identificazione della mente dell'alchimista con la mente universale ed eterna dell'Assoluto. L'alchimia è pertanto conoscenza ed evoluzione interiore, che vanno messe alla prova attraverso il successo o meno in determinate attività: nella produzione di farmaci, nella cura del proprio stato di salute, dell’attenzione, della percezione, della consapevolezza, in positive relazioni con gli altri e l’ambiente circostante, nelle iniziative che danno un senso ed un valore non effimero all’intera esistenza.

La caratteristica peculiare dell’opera alchemica, rispetto ad altre vie tradizionali, è che l’illuminazione e l’elevazione della coscienza sono strettamente legate alla manipolazione della materia grezza e che la trasmutazione di questa a sua volta è direttamente condizionata dallo stato mentale dell’operatore. Infatti i materiali di laboratorio o il corpo umano sono influenzati, nelle reazioni fisiche o nella potenza espressiva, dall’immaginazione e dalla volontà dello stesso artefice.

L’ipotesi di lavoro dell’alchimia si fonda sul presupposto che la vita non sia un evento casuale, senza significato. Il semplice fatto di esistere presuppone che vi sia un Principio Divino come causa originaria: più precisamente un pensiero ed una memoria metafisici che creano costantemente l’universo, un’istanza progettuale che dà senso all'esistenza, un’energia unica sottile – detta quintessenza o etere - che sostiene la natura e dà la vita a tutte le mutevoli forme senzienti o intelligenti. Questa coscienza cosmica, di cui fa parte anche la coscienza umana, crea continuamente, col solo fatto di pensarle o immaginarle, le cose visibili e materiali.

L’alchimia spirituale ritiene che l’uomo, con un processo operativo mirato, possa trovare in sé un punto di contatto con il Principio o Causa Prima, quindi realizzare uno stato d’integrazione tra l’effimero e l’eterno, tra l’individuo e l’intelligenza universale che si individua e si realizza negli esseri viventi, tra l’energia finita che anima l’uomo e l’energia infinita che anima il mondo. Questa ipotesi di lavoro è poi confortata da radicali trasformazioni, che sono descritte nei testi alchemici e che dovrebbero verificarsi nello stesso operatore.

Alla luce di queste considerazioni si capisce come i farmaci alchemici abbiano caratteristiche particolari, che tra l'altro ne rendono impossibile la produzione industriale ed il commercio, se non in ambito ristretto. In primo luogo i preparati derivano la loro efficacia dall'anima della pianta o del minerale utilizzato, che si riflette sul piano fisico, determinando sostanze chimiche con specifiche valenze terapeutiche; in secondo luogo le erbe e i metalli vanno raccolti e lavorati in tempi astrologici precisi, con lunghi processi artigianali di selezione, lavaggio, sminuzzamento e cottura, fatti a mano, con acqua di fonte e lievito, col concorso fondamentale dello stato spirituale dello stesso operatore di laboratorio.

Le erbe, fin dall'antichità, fanno parte del processo di purificazione del metabolismo e di trasformazione della coscienza degli alchimisti, che si appropriano della loro vibrazione energetica tramite infusi, macerazioni e fumigazioni. Inoltre in laboratorio si utilizzano i succhi di alcune erbe, ad esempio il rosmarino, per legare meglio i metalli da trasformare o per congelare il mercurio, con ad esempio l'erba stella o alchemilla, il cui nome deriva proprio da tale utilizzo.

I primi ricercatori imparano a conoscere le virtù terapeutiche delle piante, stimolati dalla osservazione del comportamento degli animali, istintivamente in contatto con l'anima intelligente della natura e che quando sono ammalati - anche

se carnivori - si disintossicano con determinate erbe. In questo eccellono le donne, che fin dai tempi più arcaici sono adibite alla raccolta di vegetali commestibili e in seguito alla loro coltivazione e cottura.

L’utilizzazione medica dei procedimenti di distillazione e raffreddamento, fermentazione e calcinazione, applicati sulle sostanze vegetali, è approfondita dall’alchimia araba, che tra il IX e il XII secolo arriva alla scoperta di oli essenziali, acidi, alcali e sali, dell’acqua distillata, dell’alcool – la cui parola di origine araba significa il demonio o acqua del demonio - , dei liquori medicinali, nel tentativo di realizzare l’oro potabile, la medicina universale che può perfezionare fisicamente e spiritualmente l’esistenza terrena.

In Europa l’utilizzazione medica delle conoscenze alchemiche nasce ufficialmente con l'Umanesimo, anche se nel Medio Evo già esiste una certa pratica erboristica – spesso di guaritrici o levatrici di campagna che successivamente con l'Inquisizione corrono il rischio di essere bruciate come streghe - e circolano erbari e ricettari bizantini, tradotti dal greco in latino. Come la più antica alchimia metallurgica nel crogiolo, nata nel periodo greco alessandrino, negli ambienti colti del Rinascimento l'alchimia verde è mezzo di studio per verificare in vitro le correlazioni esistenti tra la terra e il cielo stellato, tra l'uomo e l'universo.

Già tra il IX e il X secolo la medicina occidentale trae insegnamento da testi greci ed arabi, tradotti in latino dalla Scuola Medica Salernitana. Questa ha il merito di diffondere l’idea che la malattia va combattuta attivamente, con dei farmaci, rifiutando il concetto teologico che è inutile curare il corpo corruttibile, quando la vera salvezza risiede in Paradiso. Il testo ufficiale della scuola, il Regimen Sanitatis, scritto in versi latini, ha una grande diffusione e migliora le conoscenze igieniche e sanitarie in tutta Europa.

Le tecniche di vetreria per la costruzione di alambicchi sofisticati sono messe a punto soprattutto dai benedettini e dai francescani, che almeno fino a quando ciò non è proibito dall'autorità papale, nel XIV secolo, sono esperti alchimisti, che ricercano una quintessenza terapeutica nei distillati alcolici del vino e di altri prodotti vegetali, come tutt'oggi molti frati seguitano a fare in alcuni monasteri.

Il primo ad utilizzare metalli trattati alchemicamente a fini terapeutici è però il medico svizzero Philippus von Hohenheim, che nel Cinquecento con varie pubblicazioni favorisce il sorgere e l’affermarsi della chimica farmaceutica. Questo alchimista, che all'inizio della sua professione acquista esperienza come chirurgo al seguito di eserciti impegnati nei campi di battaglia, è conosciuto con il soprannome di Paracelso, da lui scelto ad indicare il fatto che le sue sperimentazioni oltrepassano le conoscenze dei medici tradizionalisti del suo tempo, legati alla medicina scolastica ed enciclopedica di Celso, troppo teorica, che disprezzano cerusici e farmacisti che come Paracelso si sporcano le mani ricucendo ferite sanguinanti o lavorando erbe.

All'università di Bologna Paracelso insegna medicina per alcuni anni e influenza molto gli studi di altri docenti e ricercatori naturalisti, fra cui Ulisse Aldrovandi, che sviluppa l’erboristeria e crea il primo orto botanico in Europa per le piante rare, utilizzando un cortile del Palazzo Comunale.

Secondo Paracelso il corpo umano è un sistema di reazioni chimiche, nel quale gioca un ruolo fondamentale un'unica energia sottile - la quintessenza - attivata da tre principi fondamentali, dagli alchimisti chiamati zolfo, mercurio e sale. Lo zolfo solare, maschile, attivo, fermentativo, fecondante, ed il mercurio lunare, femminile, passivo, mutativo, generante, sono mediati o catalizzati dal sale terrestre, coagulante e coesivo, che equilibra i primi due opposti ma complementari, che hanno una funzione solvente.

Pertanto l'origine delle malattie è da ricercare nello squilibrio o in un equilibrio non dinamico di questi principi e non solo nella disarmonia dei quattro umori della medicina classica tradizionale, che spesso ne è solo l'effetto: chimicamente uno squilibrio tra sostanze acide, basiche e saline; fisicamente tra cariche elettriche positive, negative e neutre; nel campo energetico tra elettricità, magnetismo ed elettromagnetismo; per quanto riguarda l'uomo tra sfera psichica, sfera emozionale e sfera istintiva motoria.

La stessa efficacia del farmaco vegetale deriva da una sinergia tra gli oli essenziali prodotti dalla distillazione, l'alcool o etanolo prodotto dalla fermentazione delle parti spesse e fibrose della pianta, i sali minerali e gli oligo elementi ricavati dalla calcinazione dei residui delle lavorazioni precedenti. Inoltre per Paracelso la salute può essere ristabilita utilizzando rimedi di natura minerale, elementare, più facilmente scomponibile in parti sottili; oltre che con rimedi di natura vegetale o animale, come ghiandole di anfibi o rettili, di natura organica; più complessa.

Paracelso conia per il suo metodo il termine spagyria, composto da due verbi greci, che significano separare ed unire: separare con la distillazione e sublimazione i componenti vitali e sottili da quelli inerti e spessi, depotenziando gli elementi tossici del minerale o del vegetale grezzo; realizzare il farmaco unendo nuovamente il principio volatile purificato più volte al residuo denso calcificato, che così fissa il volatile.

Paracelso e i suoi discepoli rivoluzionano i concetti della medicina medievale, basata esclusivamente sui testi di Ippocrate e di Galeno, sui canoni aristotelici dei quattro elementi e della circolazione dei relativi umori. I primi sono terra, acqua, aria e fuoco - le qualità sottili o stati fondamentali della materia e della relativa energia - e i secondi sono i punti d'incontro tra il corpo e l'energia circolante in natura: la bile nera, dal sapore aspro, legata alla terra e che produce il temperamento melanconico; il flemma, dal sapore salato, bianco, legato all'acqua e che produce il temperamento flemmatico; il sangue, dal sapore dolce, rosso, legato all'aria e che produce il temperamento sanguigno o esuberante; la bile gialla, dal sapore amaro, legata al fuoco e che produce il temperamento tonico o collerico.

E' da precisare che i quattro umori sono fluidi invisibili - come gli elementi da cui derivano - e che i medici dell'antichità, che non possono sezionare i cadaveri per il precetto religioso di non danneggiarne l'anima e quindi conoscono poco l'anatomia umana, li deducono da sostanze visibili, prodotte dal corpo: il coagulo del sangue e le feci per la bile nera, il muco o le lacrime per il flemma, ovviamente il sangue per l'umore sanguigno, il pus o il vomito per la bile gialla.

Ora, con le conoscenze approfondite della fisiologia umana, si può affermare che gli antichi umori in realtà sono diversi stati vibrazionali dei sistemi endocrino, enzimatico, immunitario e neurologico, che determinano la produzione di quantità diverse di ormoni, enzimi, anticorpi, neuro trasmettitori e neuro modulatori, con ciò condizionando tutto il metabolismo, la salute, la sfera emozionale e psichica dell'uomo, tra loro interagenti.

Quindi Paracelso aggiorna le teorie classiche, che partono dal presupposto che le malattie causate da un eccesso di un determinato elemento, umore e temperamento, vanno compensate assumendo sostanze con le qualità dell'elemento ed umore contrario, oltre che con l'estrazione diretta dal corpo - con salassi, purghe e cataplasmi - dell'umore in eccesso, individuato dall'aspetto fisico e dal comportamento del paziente, ma pure tramite l'assaggio delle secrezioni, dell'urina o delle feci. Quindi, per fare degli esempi, l'eccesso di umido è combattuto dal secco, di caldo dal freddo, di bile nera e temperamento melanconico dall'umore e temperamento sanguigno.

Tutti sanno che un raffreddore causato da un ambiente umido e freddo è risolto da un ambiente secco e caldo, oppure una insolazione o una febbre alta da impacchi ghiacciati. Non tutti sanno che nell'erboristeria classica le malattie derivanti da un eccesso di bile nera – umore con le qualità freddo e secco, che tra l'altro aumenta con l'autunno – quali la stipsi e la depressione erano trattate con erbe calde e umide come la senna e l'elleboro. Le malattie derivanti da un eccesso di umore flemmatico - di freddo e di umido che aumenta d'inverno e diminuisce in estate – quali il catarro e i problemi respiratori erano trattate con erbe calde e secche come il timo e l'issopo. Per le malattie derivanti da un eccesso di umore sanguigno – di umido e di caldo che aumenta in primavera e in estate – quali la gotta e la diarrea erano usate erbe fredde e secche quali la bardana. Infine per i malanni causati da un eccesso di bile gialla – di caldo e di secco che aumenta in autunno – quali il nervosismo e i disturbi del fegato erano utilizzate erbe fredde e umide come il rabarbaro e il tarassaco.

In genere il metodo più semplice per assumere le qualità di un vegetale è la classica tisana, con la pianta fresca appena raccolta o la pianta seccata al sole, conservata in vasi di terracotta o di vetro scuro, lontani dal sole, immergendola in acqua bollente per circa 15 minuti, poi filtrando e bevendo l'infuso con un po' di miele monofiore - acacia, rosmarino, tiglio , timo - o zucchero grezzo.

In generale può affermarsi che nell'uomo un eccesso di terra determina col tempo, specialmente in età avanzata vari tipi di calcificazioni, artrosi, sclerosi nelle arterie e nel cervello; che un eccesso di acqua favorisce alterazioni del sistema vegetativo, la crescita di tumori a livello cellulare; che un eccesso di aria la formazione di asma e allergie, un forte aumento di radicali liberi; che infine un eccesso di fuoco infiammazioni, nevralgie e infiammazioni croniche come l'artrite, tumori distruttivi degli organi. Un eccesso di terra scompensa anche la psiche, con la formazione di idee ossessive o depressive, come un eccesso di fuoco la formazione di stati maniacali.

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